wendy_and_lucyWendy è una ragazza in viaggio nel cuore degli Stati Uniti, diretta in Alaska. Possiede solo un'auto e un cane (Lucy), e un piccolo gruzzolo che le serve per portare a termine il viaggio. Ma, giunta in una cittadina dell'Oregon, sorgono dei problemi: la resistenza della ragazza viene messa a dura prova, finchè non giunge un aiuto inaspettato.

 

 

«Da Vuoto a Vuoto -
In un Cammino senza Filo
Spingevo piedi Meccanici -
Fermarmi - o perire - o avanzare -
Del tutto indifferente -
Se una fine raggiunsi
Essa finisce prima
Dell'indefinito dischiuso -
Chiusi gli occhi - e brancolavo talmente
Che sarebbe stato più lieve - essere Ciechi –»

(E. Dickinson)


Wendy cammina sola nel bosco, scorre irrequieta, una nomade con un passato legato ad una cornetta del telefono, in attesa:  dentro, un presente da cui salvarsi. Tutta la sua storia è scritta sui suoi piedi, sulle ruote di una macchina-casa che non trova il proprio spazio nel mondo e resta  sul ciglio della strada, ai margini di un territorio che non riconosce: violentata da una gelida sopravvivenza, cerca riparo e controllo dietro i vetri di un automobile mentre qualcosa fuori gronda e piange. La sua voce è una cantilena che semina speranze mentre il mondo si disfa d'ogni suono e  lei palpita le sue giornate annidata al suo unico centro, un legame, Lucy.
La ricerca ossessiva di un cane, visivamente fuori dal film, diventa il viaggio in sè, lo spunto per l’approfondimento di una condizione umana svuotata di senso, emarginata, persa.

Ben lontana dal cinema Hollywoodiano e dai suoi sistemi di produzione, la regista sembra tesa a creare un incontro/confronto con il cinema indie di Gus Van Sunt: le sue trame sono investiste dal Tempo che «esce dai suoi cardini […] fluisce nel piano», si apre all’infinito per fissarsi nei suoi «indizi (nei suoi segni) percettibili dai sensi» (Deleuze 1989, p.56): la ritualità del gesto.
Senza coordinate e confini, il corpo domina sul film e ancora pulsa, si fa parola ed esteriorizza «l'interiorità attraverso il comportamento», «non più l'esperienza, ma quel che resta di esperienze passate» (p. 210). In questa sorta di metatempo, da un lato Gerry racconta questa sottrazione attorno a corpi abbandonati, socchiusi, dall'altro gambe nude e ancora in lotta di una ragazza dagli occhi spauriti nella notte e la stanchezza del suo vagare, mentre il tempo si avvinghia dietro le sbarre di un carcere,  non contengono altro che il «prima e il dopo»: il corpo come rivelatore della vita.

La sua pulizia morbosa (che è lontana dal voler contaminarsi con la povertà di sentimenti) e i gesti, si fanno eco della mancanza di qualcosa: la vita diventa una sfida contro un’umanità ghiacciata (il giovane cassiere che denuncia il furto di Wendy) per rincorrere poi quel barlume di ritrovata sensibilità (il guardiano che offre la sua mano al proprio simile): l’escoriazione umana che lascia un segno nel bosco, la pelle che attraverso quegli abiti, rivive e lascia tracce di un passaggio che vogliono testimoniare la presenza di una superstite ancora genuina che si protende verso l’Altro e si difende da subdoli moralismi figli di una società assente.
Non esiste un tempo storico ma è il personaggio a costruirsi la propria dimensione, mondi paralleli, l’anima, lo spirito in un momento in cui l’apparato emotivo precipita e aziona un continuum, una sorta di comunicazione tra il pensiero e il tempo.

Forse il cuore ha un prezzo ma Wendy è abile a tenerselo stretto, quel po' di umanità, racimolata come i risparmi di una vita, un morso che fende e si difende, abbracciata al proprio sterno, a una cassa sonante impulsi, e la commozione ha l’attimo di un addio: il suono vibrato, crescente degli occhi liquidi e rotti, del pianto finale, quest’esistenza che scorre e salta da un treno in corsa: un fischio metallico che ci slitta in una dimensione insostenibile in cui non si è mai pronti (Paranoid Park): la mente, questo scorcio di mondo capovolto e sospetto, non è rintracciabile in nessuna geografia e si perde e si disfa ad ogni sua collocazione. 
Il Viaggio, l’esplorazione in questi spazi-deserti e sconosciuti (l’Oregon) diventa il racconto della vita che si scontra e resiste alla morte, all’inconsistenza, al nulla.


Bibliografia:

Deleuze G. (1989): L'immagine-tempo, Ubulibri, Milano.

 

 

 


 

 

Titolo: Wendy and Lucy
Anno: 2008
Altri titoli: Wendy et Lucy
Durata: 80
Origine: USA
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: LARRY FESSENDEN, NEIL KOPP E ANISH SAVJANI PER FILM SCIENCE, FIELD GUIDE FILMS, GLASS EYE PIX

Regia: Kelly  Reichardt     

Attori: Michelle  Williams (Wendy); John  Robinson (Andy); Will  Oldham (Icky); Will  Patton (Meccanico); Larry  Fessenden (Uomo al parco); Walter  Dalton (Guardia di sicurezza)
Sceneggiatura: Kelly  Reichardt; Jonathan  Raymond     
Fotografia: Sam  Levy     
Montaggio: Kelly  Reichardt     
Scenografia: Ryan  Smith     
Costumi: Amanda  Needham

 

Riconoscimenti

Reperibilità


http://www.youtube.com/watch?v=7QXEK64ba08

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