alt«Hai paura di tuffarti nella sorgente plasmatica. Hai paura di essere distrutta e ricreata, vero? E scommetto che pensi di averla risvegliata tu la mia carne? Ma tu della carne conosci solo i precisi canoni della società; non riesci a penetrare le antiche paure, il terrore malsano della carne. Bevi a gran sorsate. O rinuncia. [...] Parlo della penetrazione oltre il velo della carne».
(Seth Brundle, La Mosca)


Affanno: l'esitazione è dinnanzi allo specchio, il corpo è contratto, ricurvo quel tanto che basta a renderlo innaturale, come protratto verso un desiderio morente; il ventre, le forme affusolate dei fianchi riflettono un disperato senso di inadeguatezza al mondo. Sarah ha disegnata in volto la mappa di tutte quelle stelle spente di Hollywood, una schiera che costella ogni singolo isolato, vicolo, anfratto di Los Angeles; racchiude fin dalla prime immagini lo stereotipo dell'insuccesso.

L'Hollywood sign è sul fondo dell'immagine mentre Sarah esita guardando fuori dal suo appartamento; una fitta coltre nebbiosa rende la scritta a malapena visibile in un angolo basso dell'inquadratura sottolineando la difficoltà che lo sguardo incontra anche solo nel raggiungerla.
Il grigio perenne del cielo è riflesso sul corpo dell'aspirante attrice, dal quale si intuisce un sedimento di malattia; le sue fisionomie, per quanto fascinose, appaiono sproporzionate ad una visione d'insieme: è molto alta e il suo viso appare allungato quasi forzatamente, i fianchi troppo stretti la rendono un prodotto anacronistico, come se il suo corpo fosse frutto dell'assemblaggio di parti anatomiche provenienti da epoche diverse. È molto pallida e in più sembra che sulla camera venga posto un (soderberghiano) filtro colorato che vira l'immagine su un celestino smorto misto al grigio, contribuendo ad una generale sensazione di malessere (patologico) che circonfonde tutto il film.

È fin da subito un discorso sul corpo nel meta-cinema quello di Dennis Widmyer e Kevin Kolsch – romanzatamente autobiografico. Alex Essoe è un’attrice che interpreta un personaggio che a sua volta anela alla parte in un film. Sarah è dunque personaggio in cerca d'autore per eccellenza e questa totale spersonalizzazione genera un cortocircuito durante i suoi provini: presa consapevolezza del fallimento Sarah si autopunisce, sradicandosi i capelli, quasi nel tentativo di sentirsi reale attraverso il dolore; e questa sua recita nella recita stuzzica la curiosità dell'Astraeus Pictures, storica casa di produzione cinematografica che si prepara a girare The Silver Scream, un horror che si prepone l'obbiettivo di catturare “la bruttezza dello spirito umano”.

Il secondo provino si tiene al buio; Sarah si spoglia timidamente come richiesto dai produttori e la fotocamera inizia a incalzare: i bagliori generati dal flash si mescolano concitatamente all'oscurità e in questa nevrotica danza di luce l'attrice acquisisce sempre più sicurezza finché, totalmente disinibita, avvia il suo processo di trasformazione e la patina luminosa del flash la incorpora penetrandola ad ogni scatto; e come al termine di uno sfiancante ma soddisfacente amplesso Sarah torna alla luce rilassata e serena. L'ultimo passo è l'incontro diretto con il produttore dell'Astraeus – una sorta di rielaborazione del John Milton de L'Avvocato del Diavolo per la sua capacità di esprimere potere già con lo sguardo, di essere tentatore di basso borgo – che le impone un rito carnale come ultimo “provino”; e la fellatio diviene il tramite, l'orifizio attraverso il quale il male si canalizza in Sarah. La sua adesione condiscendente è la realizzazione del libero arbitrio, confine altrimenti invalicabile per Satana.

Ma la rinascita avviene mediante trasformazione, e questa subentra necessariamente dopo la scarnificazione. Se Sarah vuole risalire fino alla condizione di stella deve prima ridiscendere attraverso una profonda catabasi, che passa dalla decomposizione, dallo sciogliersi di tessuti e fibre, poiché l'anima, smettendo di pulsare, viene ricacciata. Questo comporta un ritorno alla bestialità  cui vittima sono i vari amici di Sarah: attrici di spot pubblicitari, cantanti mancate e aspiranti registi indipendenti che vivono nelle loro auto, sono la concretizzazione dell'insuccesso districato a ogni angolo della città degli angeli; ma a differenza di Sarah vi è in loro l'incapacità di spingersi oltre, di abbattere la condizione umana per trascendere quella di star; e dunque il sistema (Sarah) li fagocita, li riduce letteralmente a pezzi in un’apoteosi slasher finale.

Il piacere derivativo tra uomo e macchina (l'amplesso con la fotocamera), tra carne e algido metallo, cosi come l'ossessivo lavoro sul corpo, sulla sua marcescenza, riconduce all’ampio, sfaccettato, spesso contraddittorio contesto postmoderno, e inevitabilmente a quel Cronenberg eponimo, evidente riferimento che trasuda in tutta la pellicola. Starry Eyes si pone a prodotto tra un'opera archetipica come La Mosca con la quale condivide la divinazione del corpo esposto, escoriato, e Maps to the Stars rilettura del marcio star system, covo di arrivisti con un demone sotto la pelle che agogna la consunzione della carne, di ogni carne consentita; la stessa di Sarah, carne tracimante purulenta vanagloria.


Filmografia

Il Demone sotto la pelle (Shivers) (David Cronenberg 1975)

La Mosca (The Fly) (David Cronenberg 1986)

L’Avvocato del Diavolo (The Devil's Advocate) (Taylor Hackford 1997)

Maps to the Stars (David Cronenberg 2014)


Bibliografia

Pirandello L. (2008): Sei personaggi in cerca d’autore, Garzanti, Milano





Titolo: Starry Eyes
Anno: 2014
Durata: 98
Origine: USA, Belgio
Colore: C
Genere: HORROR
Specifiche tecniche: 2.35:1,
Produzione: SNOWFORT PICTURES, PARALLACTIC PICTURES, DARK SKY FILMS

Regia: Kevin Kolsch, Dennis Widmyer

Attori: Alex Essoe (Sarah), Amanda Fuller (Tracy), Noah Segan (Danny), Fabianne Therese (Erin), Shane Coffey (Poe), Natalie Castillo (Ashley), Pat Healy (Carl), Nick Simmons (Ginko).
Sceneggiatura: Kevin Kolsch, Dennis Widmyer
Fotografia: Adam Bricker
Montaggio: Brody Gusar, Dennis Widmyer
Musiche: Jonathan Snipes
Costumi: Malia Miyashiro
Scenografie: Jeremy Jonathan White, Chloe Knapp

Riconoscimenti

Reperibilità


http://www.youtube.com/watch?v=2JbO0eIc3jM

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