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Nel gennaio del 2009 Oliver Stone si reca in Venezuela per intervistare il Presidente Hugo Chavez, e per capire perché la sua immagine è stata manipolata dai media americani.Vengono ripercorse le tappe della sua ascesa: emerge come membro dell’esercito e diventa un eroe nazionale quando tenta il golpe nel 1992 contro il governo di Carlos Andrés Pérez e, per poco, non rischia di morire.

Nel 1998 viene eletto quindi presidente, mentre quattro anni più tardi è lui la vittima di un colpo di stato, ordito - a suo dire - dagli Stati Uniti, in quanto la nazione sudamericana, assieme a quelle del Medio Oriente è una dei principali fornitori di petrolio.
Ma il viaggio del regista americano prosegue anche negli altri paesi dell’America Latina, accomunati negli ultimi anni da una politica socialdemocratica. Stone intervista nell’ordine: Evo Morales, primo presidente indigeno della Bolivia; Cristina Kirchner e suo marito Nestor, che si sono succeduti alla guida dell’Argentina; l’ex pastore della Teologia della Liberazione Fernando Lugo, leader politico del Paraguay; Lula da Silva, ex operaio metalmeccanico e sindacalista divenuto capo di stato in Brasile; il giovane n. 1 ecuadoregno Rafael Correa; infine, il cubano Raul Castro, recentemente subentrato al governo al fratello Fidel.

 

 

Se è vero che il giornalismo d’inchiesta (non solo quello di casa nostra) ha perso quota e valore sacrificando l’approfondimento in favore di news sempre più veloci, spesso ansiogene e facilmente consumabili, nelle ultime stagioni c’è stato bisogno dello zampino dei registi per tornare a parlare dei Fatti.
Possiamo tranquillamente dire che Michael Moore sia stato un po’ l’apripista, colui che ha “sperimentato”, e con successo, una nuova forma di documentario, in cui la denuncia sociale si alterna alla satira e al simpatico sberleffo ai danni dei potenti, che siano politici, dirigenti di multinazionali oppure banchieri (si veda l’ultimo Capitalism: A Love Story).
Ma il reportage d’impegno è stata la modalità di racconto preferita anche di Oliver Stone, almeno nella fase più matura della sua carriera. Dopo Comandante, Looking for Fidel e W. continua dunque il suo personale studio sulle personalità più autorevoli e carismatiche, non solo del Novecento ma anche del Terzo Millennio.

Questa volta, con South of the Border (scritto in collaborazione con lo scrittore pakistano Tariq Ali), vuole gettare una luce sul nuovo scenario geo-politico latinoamericano e dimostrare come i governi di questi paesi, in risposta all’amministrazione Bush, sono passati da amministrazioni di destra ad amministrazioni di sinistra. Il graduale processo di “bolivarizzazione” (così chiamato perché ispirato al modello rivoluzionario del Libertador Simón Bolívar) è stato forse storicamente necessario per ristabilire gli equilibri a sud dell’equatore, ma questo interessa fino ad un certo punto al regista.
Si invoca a più voci un’unità di intenti, un progetto politico condiviso che porti all’istituzione di una banca, una moneta ed un parlamento comune, sull’esempio dell’Unione Europea. E si sente parlare molto di depressione economica (in particolare dei debiti che questi paesi hanno contratto con il Fondo Monetario Internazionale), di povertà e sanità, senza però entrare nel merito di questi annosi problemi.
Piuttosto che lasciare la parola al popolo e alle sue istanze di uguaglianza sociale, tuttora una chimera per milioni di cittadini del Continente latino, Stone preferisce celebrare le gesta dei suoi governanti, dare fiato ai loro proclami. Su tutti, subisce visibilmente il fascino del “condottiero” Chavez, trionfatore di ben tredici elezioni, e come lui ex soldato in prima linea.

Nella lunga intervista, il controverso statista venezuelano racconta il suo tribolato rapporto col potere, compreso il drammatico aneddoto relativo al colpo di mano del febbraio del ’92, documentato dai luoghi reali dove avvenne. Ma confessa anche la sua passione per i libri di politica, e si concede perfino ai ricordi quando mostra la sua casa natia.
Con un inizio folgorante Stone ci catapulta subito nel cuor del discorso, o sarebbe meglio dire, della sua tesi: quando si parla dei paesi sudamericani, e in particolare del Venezuela, i media statunitensi hanno il potere di distorcere la verità. Ci vengono mostrati alcuni servizi presi dai telegiornali della Fox che dipingono infatti Chavez come un terribile dittatore fiancheggiatore del terrorismo, ancora più pericoloso di Osama Bin Laden. (E forse non hanno tutti i torti, se è vero che, ad oggi, rimane il principale alleato dell’Iran di Ahmadinejad nella lotta contro l’imperialismo USA… ).
Aldilà dell’opinabile dato lanciato come monito, ma in realtà usato come pretesto, e cioè che i leader di questi stati “canaglia” hanno scalato i vertici delle istituzioni nonostante avessero il 95% dell’informazione ostile, il cronista militante, armato di macchina da presa, punta nuovamente il suo obiettivo contro il “demone” per antonomasia: l’America.
L’appassionata campagna a favore di una stampa più libera e meno deformante ha il sapore di una retorica sterile e retriva. Soprattutto perché il pulpito da cui proviene non ha mai brillato in passato per obiettività. Ecco allora che la sua presunta lezione di democrazia finisce per trasudare faziosità da tutti i pori.

Il regista conclude evocando la figura di uno storico presidente come Roosevelt e si spinge a paragonarlo perfino a Barack Obama. Guarda caso, anche Michael Moore esorta a prenderlo come modello, in uno dei pochi momenti di vera riflessione del suo documentario (citato all’inizio). Ma il simpatico autore di Fahrenheit 9/11 può permetterselo un serio auspicio dopo aver amabilmente scherzato per due ore sulle magagne del capitalismo. Mentre a Stone - non c’è che dire - il dono dell’ironia fa visibilmente difetto. Gli unici inserti “leggeri” sono quelli in cui lui mastica foglie di coca (un semplice stimolante come la caffeina se non trattato chimicamente… ), oppure gioca a calcio nel giardino di casa Morales.

 


Titolo: South of the Border
Anno
: 2009
Altri titoli
: Untitled Oliver Stone/Hugo Chavez Documentary
Durata
:102
Origine
: USA
Colore
: C
Genere
: DOCUMENTARIO
Produzione
: OLIVER STONE, JOSÉ IBÁÑEZ, FERNANDO SULICHIN, ROBERT S. WILSON PER PER IXTLAN CORPORATION, IPSE DIXIT ENTERTAINMENT, PENTAGRAMA FILMS, GOOD APPLE

Regia: Oliver Stone

Attori
: Hugo Chávez (Se stesso); Tariq Ali (Se stesso); Raúl Castro (Se stesso); Rafael Correa (Se stesso); Cristina Kirchner (Se stessa); Néstor Kirchner (Se stesso); Fernando Lugo (Se stesso); Lula da Silva (Se stesso); Evo Morales (Se stesso)
Sceneggiatura:
Tariq Ali, Oliver Stone
Fotografia:
Lucas Fuica; Carlos Marcovich; Albert Maysles
Musiche:
Adam Peters
Montaggio:
Alexis Chavez, Elisa Bonora

 

Reperibilità

 

http://www.youtube.com/watch?v=qoRjmYm6ry4

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