altSi dice che su uno degli scudi che formano il carapace della vegliarda e possente tartaruga cosmofora sia ritratto, con dignità divina, somma e maestosa, il volto di Manoel de Oliveira colto nell’atto di pensare. La bella fronte, corrugata e arcana, sotto il profilo fisiognomico ci dice che Colui conosce il Mistero e i suoi araldi, ed è capace quindi di sublimi vette e di ime profondità.


Dall’alto della sua secolarità gli avvenimenti non si dispongono nella nostra ferrea serie causale-temporale, che stabilisce un prima e un poi. Da lassù essere morti o essere vivi è la stessa cosa. E non si tratta di una posizione rinunciataria o nichilista di chi è prossimo a celebrare l’addio, semmai di una prospettiva oltremondana, lunare, dalla quale è possibile scorgere i movimenti fuggitivi, le sfumature o le ombre dimenticate.

In O Velho do Restelo Oliveira coglie quattro fantasmi, messaggeri dell’imperscrutabile, seduti su una panchina a parlare tra loro. Tre sono protagonisti della letteratura portoghese: si tratta di Luís de Camões, Camilo Castelo Branco, e Teixeira de Pascoaes. L’altro è Miguel de Cervantes, diventato ormai intimo fino a confondersi con il suo don Chisciotte. Del resto, come scrive Borges, è una cosa che «sempre accade all’eroe di una finzione: questi finisce per identificarsi con l’autore, giacché si nutre di lui» (Borges in Cervantes 2003, p. XVII).

Ma tutti e quattro i convenuti somigliano alla propria opera, e a ciascuno tocca adempiere alla promessa in essa contenuta. La loro avventura, come direbbe Foucault, «sarà una decifrazione del mondo: un percorso minuzioso per rivelare […] che i libri dicono il vero» (Foucault 2010, p. 62) (un episodio su tutti, quando Camões lesse i suoi Lusiadi a Re Sebastiano, avvertendolo inutilmente, perché inascoltato, sui pericoli dell’imminente battaglia che avrebbe distrutto l’impero portoghese).

Ognuno poi è somiglianza non solo dei propri segni ma si ritrova rispecchiato in quelli altrui: il titolo richiama un personaggio di Camões (autore che, tanto dal punto di vista letterario quanto umano, ricorda l’ingenioso hidalgo Cervantes: entrambi mutilati a Lepanto e padri di prodi cavalieri dalla triste figura), ma O Velho do Restelo è costruito su estratti di O Penitente di Pascoaes, che evoca la vita e l'opera di Castelo Branco.

Oliveira, da par suo, decide di unirsi al conciliabolo, continuando sull’esempio offertogli dalle Illustri Apparizioni. Realizza un cortometraggio concependolo come un colossale intertesto; un’opera, per adoperare suggestioni di Genette, relazionale e palincestuosa, costruita su un rizoma di connessioni interpellanti altri testi, altre visioni. Diciannove minuti attraverso i quali valicare gli abissi del tempo, trasformare alchemicamente la pochezza produttiva in dimostrazione di cocciuta radicalità espressiva (dall’esibita stilizzazione della scena al found footage, con frammenti di suoi e altrui vecchi film, come ad esempio le immagini riprese da Don Chisciotte di Grigori Kozintsev).

A differenza del vecchio dei Lusiadi che ammoniva a non affrontare nuove scoperte, Oliveira continua a girare, animato da una voglia insaziabile di cose lontane, per ampliare i propri orizzonti e per raccontarlo.


Recensione precedentemente pubblicata su Cineforum 538.

Bibliografia:

Cervantes M. (2003): Don Chisciotte della Mancia, BUR, Milano.

Foucault M. (2010): Le parole e le cose. Un'archeologia delle scienze umane, BUR, Milano.






Titolo:
O Velho do Restelo
Anno: 2014
Durata: 19’
Origine: PORTOGALLO; FRANCIA
Colore: COLORE
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: Super 8
Produzione: Epicentre Films; O Som e a Fúria

Regia: Manoel de Oliveira

Attori: Luís Miguel Cintra; Ricardo Trêpa; Diogo Dória; Mário Barroso
Soggetto: Camilo Castelo Branco; Teixeira de Pascoaes; Miguel de Cervantes; Luís Vaz de Camões
Sceneggiatura: Manoel de Oliveira
Fotografia: Renato Berta
Musiche: José Luís Borges Coelho
Montaggio: Valérie Loiseleux

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