altLuccica, il nero. La Folie Almayer si apre così, dentro una musica (wagneriana) dispiegata nella piega arancia delle acque, nel buio arcano della notte e nell’apparente immobilità del fiume. Il buio come presentimento sul limite dell’acqua, tenebra conradiana ai confini del mondo. Lì, nel mezzo, c’è la casa di Almayer, luogo di sospensione, di messa in dubbio, di assenza. Almayer si è perso nel desiderio, perso in un luogo che non gli appartiene ma che in qualche modo lo tiene ancora stretto.


L’appartenenza è il motivo che domina il corso del film, di quel fiume che ci fa preda e ci disperde e ci conduce nel cuore della terra, la foresta, paesaggio che esilia e ci rende ombre inquiete come Almayer, Nina, Zahira che sono tutti cercatori di qualcosa, di miraggi e che irrimediabilmente finiscono per rifugiarsi in una dimensione altra, tutta interiore: Zahira perde la ragione, Nina, dall’Europa torna nella sua terra per scoprire di non riconoscersi più, depredata della sua pelle scura, sradicata a un popolo, a una cultura, a un padre, Almayer, cercatore d’oro, di un amore assente, di una figlia che non c’è.

Il movimento - nel film - è un passaggio, non una narrazione ma un attraversamento: ci si addentra cioè in una dimensione onirica, persi nel sogno impossibile (cit. Akerman), quello spazio metafisico dove la ricerca, nel momento in cui si conclude, si annienta. Un vuoto assoluto, un non ritorno dove la presenza umana ammutolisce perché a parlare è tutto quello che c’è intorno. È lo spazio a farsi fitto, a pesare sulla pelle umida risucchiando aria, quel respiro con cui la Akerman sapeva di giocare e attendere quando tutto si faceva  ingombro.

La folie Almayer è questo squilibrio, il senso di perdita, di perdita di orientamento al confine tra la vita e la morte, nell’erranza dello straniero e, poi, la follia come baratro del sentimento, abisso estremo d’amore, seme di una verità a cui aspirare e che vorremmo tutti possedere ma che ci sfugge di mano, ci sfolgora il viso, negli occhi, prima della fine, prima dei titoli di coda.

Ma non è solo questo, Chantal Akerman è quel  fiume  interminabile che brucia gli occhi, ci rende  ciechi e sul punto di vedere, luccica. Ci denuda per metterci di fronte a noi stessi come quando in Je, tu, il, elle (1974) era lei a guardarsi nelle parole e con il corpo farsi guardare, occhio nell’occhio, vedente e vista, a specchiarsi per annullarsi, farsi viva nell’assenza, nel lento e nero dissolvimento delle inquadrature e forse lo era per davvero, nel limbo, nell'attesa che qualcosa potesse accadere. La stanza si spoglia con lei, come un corpo nudo, per finire in un altro (con)testo, quella zona in cui rappresentarsi e poi scomparire. Eccolo il filo conduttore di tutta la sua opera cinematografica e sperimentale: ritrovarsi sempre faccia a faccia con l’ Altro, inseguendo una radice, un ritorno a casa (la casa di Almayer), un ritorno alle parole della propria madre (No Home movie, 2015) e provare così l’aderenza. Ma la casa per lei è tellurica, è nel passaggio come la terra su cui cammina e così la città che vede scorre in inquadrature fisse (News from home, 1977) o l’immagine che si esplora diventa un territorio di cui si è persa la memoria fatta di volti, luoghi, paesaggi (D’Est, 1993) ed eccole, poi, le sue carrellate infinite tra le fronde alte degli alberi, sul fiume, mentre il cielo si fa più vivo e sfida quella morte nera degli occhi/echi di Nina per determinarne poi la fuga e desiderarla, questa diaspora delle immagini.

Il cinema di Chantal Akerman si palesa in questo fuggire dallo spazio e andare incontro ad esso: da uno schermo all’altro lei resta sempre ai bordi, ad alta velocità come nella sua ultima installazione Now, (2015), sempre straniera in questa terra di nessuno e, nel suo nomadismo, tornare a sentirsi finalmente a casa.


Filmografia di Chantal Akerman:

D’Est (1993)
Je, tu, il, elle (1974)
La folie Almayer (2011)
News from home (1977)
No Home movie (2015)





Titolo:
La folie Almayer
Anno: 2011
Durata:  130'
Origine: Belgio/ Francia
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Produzione: ARTÉMISE PRODUCTIONS, LIAISON CINÉMATOGRAPHIQUE, PARADISE FILM

Regia: Chantal Akerman

Attori: Stanislas Merhar (Almayer), Marc Barbé (Capitaine Lingard), Aurora Marion (Nina), Zac Andrianasolo (Daïn), Sakhna Oum (Zahira), Solida Chan (Chen), Yucheng Sun (Capitaine Tom Li), Bunthang Khim (Ali)
Sceneggiatura: Chantal Akerman, Henry Bean, Nicole Brenez
Musica: Steve Dzialowski, Lucas Vidal

Riconoscimenti

Reperibilità


http://www.youtube.com/watch?v=PcjSkjiyCXc

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