alt«Possa venire il giorno (e forse verrà presto) in cui fuggirò nei boschi di qualche isola dell’Oceania, a vivere d’estasi, di calma e d’arte, circondato da una nuova famiglia, lontano dalla lotta europea per il denaro. Lì a Tahiti potrò ascoltare, nel silenzio delle belle notti tropicali, la dolce musica sussurrante degli slanci del mio cuore in amorosa armonia con gli esseri misteriosi che mi saranno attorno. Finalmente libero, senza preoccupazioni di denaro, potrò amare, cantare e morire» (Paul Gauguin)1


Lisbona, estate. Rita è una splendida quindicenne che vive con la sua famiglia in un anonimo complesso residenziale a Telheiras, quartiere periferico della capitale portoghese. Le sue giornate si dividono in piacevoli passeggiate, chiacchiere e confessioni con la sua migliore amica, esercitazioni al pianoforte, feste tra compagni, pause sul divano e zapping in TV. La spensieratezza estiva è controbilanciata dall’afa e dalla noia che s’insinua tra le persiane della sua stanza. Tutto cambia, però, con l’arrivo di un nuovo vicino, un fotografo di cui Rita finirà per innamorarsi perdutamente.

Questa, grossomodo, è la sinossi di John From, secondo lungometraggio di João Nicolau, autore lusitano cresciuto accanto a Miguel Gomes, tra le fila della casa di produzione cinematografica indipendente O Som e a Fúria2. La storia, almeno nelle premesse, si configura come un classico racconto di formazione che segue da vicino un grazioso personaggio femminile nel pieno della sua adolescenza. Non più bambina, ma non ancora donna, Rita è una ragazzina che si affaccia al mondo con curiosità e un po’ di sana pigrizia. Il film poggia sul suo carattere esuberante e allegro, ne asseconda gli umori cangianti, sconfinando ben presto nella pura fantasia, unico rimedio apparente per sfuggire alla monotonia del quotidiano.

altSotto certi aspetti, John From può ricordare alcune pellicole recenti che a loro volta hanno saputo affrontare con garbo e intelligenza i temi della crescita e della scoperta negli anni della prima gioventù, rinvigorendo una tradizione cinematografica di per sé già piuttosto consolidata: Montanha di João Salaviza, Tomboy di Céline Sciamma o L’estate di Giacomo di Alessandro Comodin, ad esempio, sono altri racconti d’estate che condividono con l’opera di Nicolau alcune caratteristiche, pur sviluppandosi secondo sensibilità differenti, seguendo sentieri autonomi. Nel caso di Comodin, in particolare, la relazione si fa anche più diretta giacché i due autori hanno lavorato insieme al montaggio dei rispettivi film3, rincorrendo una libertà espressiva che segna, in maniera diversa ma inequivocabile, entrambe le loro opere.

Fin dal principio, la commedia di Nicolau gioca con l’impianto narrativo, incasellando una serie di scene riconducibili a momenti diversi della storia o presentando per due volte di fila una stessa identica sequenza senza fornire spiegazioni, come se fosse del tutto normale. Questa sregolatezza, lungi dall’essere un esercizio di stile fine a se stesso, andrebbe piuttosto intesa come un invito ad entrare in una realtà parallela: una realtà che ha un suo ritmo, un suo codice, un suo linguaggio peculiare. Proprio come quello di Rita e della sua amica Sara, che si scambiano messaggi nell’ascensore del condominio o che interrogano il loro iPod come se fosse un oracolo.

In John From ogni elemento è trattato con estrema attenzione, anche l’ambiente circostante che non ha mai una semplice funzione di sfondo, ma rivendica sin da subito un’esistenza propria. È lo stesso regista a precisarlo in un’intervista: «in questo film il quartiere è un personaggio. Quindi, per trattarlo come tale, avevamo bisogno di trovare il suo linguaggio. E questo ci è stato rivelato dalla sua architettura e dal suo colore» (Nicolau in Marañón 2017). Giallo, rosso e blu sono infatti tinte che tornano continuamente in questo vivace lungometraggio, inserendosi perfettamente nelle geometrie interne di molte inquadrature, secondo uno schema che potrebbe far pensare ad un dipinto di Mondrian o a un film di Ozu4. Un’operazione che, pur nella sua artificiosità, risulta incredibilmente efficace e naturale, venendo peraltro esaltata a livello estetico dalla grana della pellicola in 16mm.

altL’arte, invero, assume un ruolo non indifferente già nella trama di John From, in special modo quando Filipe, il fotografo di cui Rita s’invaghisce, decide di allestire una mostra di suoi scatti in Melanesia. Il riferimento principale qui è Gauguin, con due scene della pellicola che adattano liberamente alcuni estratti del libro Noa Noa, il quaderno di appunti e impressioni che il grande pittore francese redasse durante la sua permanenza a Tahiti. La giovane protagonista resta profondamente affascinata da questo mondo magico e tribale, dalle leggende su John From (America), dalle sculture, dai disegni, dai vestiti e dagli ornamenti delle tribù che abitano questi posti lontani e misteriosi. Mossa dal desiderio per un uomo più grande di lei, come può capitare a qualunque ragazzina della sua età, Rita legge e si documenta un po’ online, quanto basta per poter mettere in moto la sua fervida immaginazione e trasformare la realtà insipida che la circonda in un universo estremamente colorato, esotico e passionale. L’intera opera, come detto, si piega alla sua volontà e al suo sogno d’amore, e così iniziano a capitare strani avvenimenti (la nebbia che invade la città, manco fossimo in un film di Carpenter) e in generale un’atmosfera sempre più calda e tropicale s’impossessa delle immagini della pellicola.

È in un contesto del genere che anche la più bizzarra delle storie d’amore può compiersi serenamente, in assoluta armonia, senza fraintendimenti o inutili complicazioni. Come in un film di Kaurismäki dove alla fine si sistema tutto e i protagonisti possono vivere felici e contenti5. L’importante è che questa stagione meravigliosa e irripetibile non passi mai, che la brezza estiva continui a soffiare portando in alto nel cielo azzurro tutti i sogni e le speranze di una ragazzina innamorata. Perché, come diceva qualcuno in A Espada e a Rosa, precedente lungometraggio di Nicolau: «la fine dell’estate è la fine del mondo». Ma tanto l’estate di Rita è appena iniziata, e questo piccolo, grande film l’ha già resa immortale.


Note

1. La citazione è tratta da una lettera datata febbraio 1890, inviata da Gauguin alla moglie Mette qualche mese prima di partire per i Mari del Sud. Pubblicata in Paul Gauguin, Lettres à sa femme et à ses amis, a cura di M. Malingue, Grasset, Parigi, 2003.

2. È stato proprio Miguel Gomes a permettere a João Nicolau di fare le sue prime esperienze nel mondo del cinema, avendogli affidato il montaggio di alcuni suoi corti e avendolo coinvolto in qualità di attore nel suo primo lungometraggio e in altri suoi lavori.

3. Sodalizio artistico che col tempo si è si ulteriormente rafforzato dal momento che João Nicolau ha collaborato al montaggio anche del secondo lungometraggio di Alessandro Comodin, I tempi felici verranno presto (2016).

4. Pensiamo in particolare a film come Fiori d’equinozio (1958) o Il gusto del sakè (1962), dove peraltro l’influenza di Mondrian e delle sue celebri composizioni “a griglia” è pure molto evidente.

5. Il riferimento al cinema di Kaurismäki non è casuale. In John From Nicolau lo omaggia esplicitamente, citando in particolare Ombre nel paradiso (1986). Sul rapporto che lo lega al regista finlandese cfr. Nicolau in Algarín Navarro – Camacho 2012.


Bibliografia

Algarín Navarro F. – Camacho A. (2012), Entrevista con João Nicolau, in “Lumière”, numero 5, maggio-giugno.


Sitografia

Marañón C. (2017), From João, in mubi.com.


Filmografia

A Espada e a Rosa (João Nicolau 2010)

Fiori d’equinozio (Yasujirō Ozu 1958)

Il gusto del sakè (Yasujirō Ozu 1962)

I tempi felici verranno presto (Alessandro Comodin 2016)

L’estate di Giacomo (Alessandro Comodin 2011)

Montanha (João Salaviza 2015)

Ombre nel paradiso (Aki Kaurismäki 1986)

Tomboy (Céline Sciamma 2011)






Titolo originale:
John From
Anno: 2015
Durata: 95’
Origine: Portogallo
Colore: C
Genere: COMMEDIA
Specifiche tecniche: 16mm
Produzione: O Som e a Fúria, Shellac Sud

Regia: João Nicolau

Attori: Julia Palha (Rita), Clara Riedenstein (Sara), Filipe Vargas (Filipe), Adriano Luz (Pai), Leonor Silveira (Mãe), João Xavier (Nuno), Daniel Cotrim (Bruno), Vasco Pimentel (Sr. Pimentel)
Sceneggiatura: João Nicolau, Mariana Ricardo
Fotografia: Mário Castanheira
Musiche: João Lobo
Montaggio: João Nicolau, Alessandro Comodin
Costumi: Susana Moura

Reperibilità

http://www.youtube.com/watch?v=pgxBGvarJrg

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