im_here_spike_jonzeSheldon e Francesca sono molto diversi. Così tanto che quando si trovano capiscono subito che senza l’altro non possono più continuare a stare. Insieme si completano. Lei soddisfa il suo bisogno di condivisione. Lui capisce la sua importanza e proprio per questo sente l’esigenza di darle tutto se stesso. La loro relazione assume i contorni di una vera e propria educazione sentimentale, una scoperta dell’amore e delle sue dolorose (ma necessarie) declinazioni.



Il mondo è un posto difficile da abitare. Ne sei inevitabilmente parte, ma mai completamente integrato. Rimani sempre e comunque un po’ straniero.

Chiunque tu sia: un frustrato burattinaio (Essere John Malkovich); un tormentato sceneggiatore (Il ladro di orchidee); un ragazzino di fronte ai misteri e alla notturna vitalità dell’adolescenza, fase di passaggio caratterizzata da un'endemica irrequietezza evolutiva (Nel paese delle creature selvagge).

Qualunque cosa tu sia: un cinocefalo che si aggira per New York imbracciando un “ghettoblaster” (Da funk dei Daft Punk); o, come in I’m Here, un robot un po’ loser, impiegato di biblioteca che vive nell’attesa di incontrare qualcuno con cui poter condividere il resto della giornata, e della vita.
Tutti personaggi, questi di Spike Jonze, costantemente caratterizzati da una condizione di transitorietà. Condizione che, a ben vedere, è vera propria cifra stilistica del suo percorso registico. Sia per quanto concerne  l’opera nella sua totalità, non riconducibile entro qualche preciso standard di metraggio e dunque nemmeno confinabile unicamente negli spazi rigidi della sala cinematografica (Jonze, oltre ad essere regista dei titoli precedentemente ricordati, è autore di video performance nonché nome di riferimento della grande rivoluzione estetica del circuito video musicale); sia a livello di singoli lavori, sempre inclassificabili dal punto di vista del genere così come per quanto concerne lo spartito narrativo, sospeso fra tante forme di rappresentazione e di racconto.

E anche I’m Here non si discosta da quanto appena messo in evidenza. Nasce come progetto finanziato da “Absolute Vodka” che ha concesso a Jonze piena libertà e controllo della realizzazione, ponendo come unica clausola quella di inserire il logo nel sottotitolo della locandina (“A love story in an Absolut world”) e nei titoli di testa. Un progetto rivolto non alla distribuzione in sala ma concepito per essere diffuso in rete, a dimostrazione di come Jonze esplori le diverse forme del consumo spettatoriale, ormai sempre più influente sull’organizzazione dell’offerta. L’essere al di fuori delle istituzionalizzate e restrittive logiche produttive e distributive, disposte a sostenere finanziariamente solo ed esclusivamente la realizzazione di lungometraggi (unico prodotto commercialmente vendibile a sé stante, secondo gli standard dell’industria cinematografica), gli dà modo di poter adottare il formato più adatto allo sviluppo del proprio lavoro, in questo caso quello mediometraggio.

Traendo spunto da The Giving Tree, libro per ragazzi di Shel Silverstein, Jonze dirige lo struggente avvicinamento affettivo di due robot, Sheldon e Francesca, non integrati col mondo attorno, due entità aliene, allo stesso tempo vicine e distanti. Entrambi vivono infelicemente la quotidianità, ma con modalità differenti. Lui è molto timido, impacciato, vorrebbe disperatamente un contatto con qualcuno. Lei è esuberante, maldestra, mai sola, ma certamente bisognosa di qualcosa in più, come lasciano intuire quei  disegni che attacca in giro per la città, con il suo viso stilizzato e la scritta “I’m here”, sintomo forse di un malessere e di una solitudine interiore inespressa. È proprio questa diversa somiglianza che li porta prima a cercarsi e poi a desiderarsi. Un desiderio ingenuo e immaturo, che si manifesta attraverso gesti lenti, goffi, carichi di pudore. Per poi maturare in un amore totale, dove solo il donarsi all’altro (in senso metaforico tanto quanto letterale) ha senso.

C’è un rapporto di continuità tra I’m Here e Nel paese delle creature selvagge, è come se Jonze proseguisse nel redigere quel trattatello di educazione sentimentale cominciato con il lavoro immediatamente precedente. Continua là dove si era interrotto. Dopo aver affrontato di petto la “sanguinosa infanzia”, s’immerge nella crudele bellezza dell’amore adolescenziale, totalizzante fino a portare all’annullamento. Una continuità che trova rispondenza anche dal punto di vista della messinscena, dove il carattere principale continua ad essere un’ eccentricità caricata fino al parossismo. Nel mondo di I’m Here le macchine convivono con gli umani, senza nessuna tensione interna alla diegesi; un cortocircuito tra dimensione fantastica ed elementi del mondo reale che alimenta nello spettatore una sensazione perturbante, una confusione semantica alimentata per mezzo di situazioni immaginifiche sempre però calate nella verità vera delle cose. 

Non è sbagliato domandarsi se sia più giusto definire lo stile di Jonze una sorta di surrealismo iperreale o di iperrealismo surrealista. Ad alimentare questo interrogativo contribuisce anche una fotografia dal taglio quasi documentaristico, giocato fra violenti controluce e illuminazioni naturali. Così facendo Jonze, come messo in evidenza da Sergio Di Lino, «riesce a controbilanciare l'overloading di elementi fantastici e onirici […];un'operazione di riscatto della materialità dell'immagine dal dominio del sogno e della fiaba» (Di Lino 2009). I’m Here è ulteriore tassello nella definizione di un’estetica e di una poetica rivolta alla definizione della verità possibile del mondo fantastico.


Bibliografia:

Di Lino S. (2009): Nel paese delle creature selvagge - Dove sognano i bambini, http://www.cinemavvenire.it/nelle-sale/dove-sognano-i-bambini/nel-paese-delle-creature-selvagge.


 




Titolo: I'm Here

Anno: 2010
Durata: 29'
Origine: USA
Genere: Drammatico
Colore: C
Produzione: Natalie Farrey; Vincent Landay

Regia: Spike Jonze

Attori: Andrew Garfield (Sheldon); Sienna Guillory (Francesca); Annie Hardy (Anne); Daniel London (Jack); Michael Berry Jr. (Adam); Aska Matsumiya; David Kramer; Nathan Johnson; Jason Barclay; Christopher Wonder; Richard Penn (Dottore); Quinn Sullivan
Sceneggiatura: Spike Jonze
Costumi: Casey Storm

http://www.youtube.com/watch?v=Qow5_R0ab7w

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