hunger-hunger-19-11-2008-2008-1-g1981: il governo britannico priva dello stato politico tutti i prigionieri paramilitari. Il repubblicano irlandese Bobby Sands, recluso a Maze nei pressi di Belfast, muore dopo 66 giorni di sciopero della fame. Dopo sette mesi lo sciopero venne interrotto; il governo inglese accettò le richieste dell’IRA senza un riconoscimento formale della condizione politica.

 




«Urlar li fa la pioggia come cani;
de l’un de’ lati fanno a l’altro schermo;
volgonsi spesso i miseri profani.»
(Inf. VI, 19-22)

 

« - Peggioramento delle funzioni del fegato, dei reni, del pancreas. Diminuzione della densità delle ossa. Deficienza di calcio, di vitamine. Sottonutrizione del muscolo del cuore, probabilità d’infarto. Restrizione del ventricolo sinistro, diminuzione del livello di glucosio. Poca energia, atrofia muscolare. Assottigliamento della parete intestinale, emorragia sottomucosa, ulcere gastrointestinali. Variazione degenerativa dell’intestino e di tutti gli organi del corpo. Interruzione del battito cardiaco, delle funzioni vitali: _________________________»


Veniva chiamato materia il corpo non formato destratificato, le particelle submolecolari gli organi la pelle le crepe le pieghe le fratture; le fessure degli occhi. Materia: il muro la grata il bastone l’acqua i liquami la bibbia; la neve la piuma.
Ciascuna parte di diversa materia si può combinare dal di dentro con le altre, a formare una genealogia della sostanza, puro determinismo che permette di configurare le essenze che il tempo cancella e ricompone in un piano orizzontale infinito.

Più che una successione regolare di sequenze, le inquadrature perfette, simmetriche, pulite di McQueen si dispongono su un unico piano d’immanenza dove gli enti sussistono simultaneamente a ristabilire un ordine, a rispettare una legge di necessità che delimita l’area dello sguardo. I particolari sono ingabbiati in un’inquadratura gelida determinata a risolvere in immagine il principio di inerzia, indispensabile regola dell’accadere, mentre fuori restano chiusi indefiniti ‘pezzi di paradiso’.

Lo sguardo educato all’ordine fissa l’ipnosi della deflagrazione: catastrofi infinitesimali di cellule vorticano in spazi troppo bianchi. La pulizia è sinonimo di assoggettamento, i colori esibizione farsesca della sofferenza, i volti grumi ghignanti, testimoni muti dell’imperfezione: ripuliti i pavimenti, le pareti che la merda annotta; spidocchiata la cute, tumefatti i corpi, cancellata l’espressione − termina l’azione.

La materia raggiunge il suo grado di perfezione nell’esercizio della potenza, in una liturgia della stasi che la libera dal bisogno (il corpo non manca di nulla) e la rende invulnerabile alla sconfitta e alle coercizioni del potere.
La potenza non è oggetto di volontà, ma espressione della necessità di ogni possibile (impossibile): l’apparente passività del corpo è il prodotto di inarrestabili transizioni biologiche e di impercettibili scuotimenti tellurici che ribaltano l’ordine impostogli dalle istituzioni (stato, chiesa) alla passività e all’annichilimento delle sue funzioni.

Le espressioni della materia sono verbi all’infinito: la fame non è sostanza, suggerisce la liberazione dal vincolo delle possibilità. Vivere di fame è l’impossibile che si realizza nella lotta. La materia che si perfeziona nell’evoluzione creatrice della sua potenza è immagine (spirale) della più autentica affermazione d’essere, un sì incondizionato all’esistenza che  diventa rifiuto estremo dell’impotenza di agire. Nel piano d’immanenza della ‘confessione’(17’ e mezzo di durata in presa diretta) la camera fissa la rivolta etica della materia alle leggi morali: il dovere teologico-giuridico dell’azione si converte nella (im-)possibilità della reazione anarchica e fisiologica della materia.
Nel divenire permanente dei suoi stati, il corpo finito supera i limiti che lo compongono attraverso le combinazioni delle parti e la varietà dei rapporti.
Tra le azioni ancora possibili: la stanchezza, e nella stanchezza: il lento scorporare.

L’eternità del corpo1 è la testimonianza di un’esperienza che si realizza nel rapporto della materia con l’e(s)terno. Morire è perdere la combinazione delle parti estese propria di un determinato corpo; esistere è avere un’infinità di parti estese che non smettono mai di combinarsi: un corpo è eterno quando si combina in rapporti simultanei che durano fuori dal tempo, nell’immanenza.
Lo spazio si fa prodotto di un’espansione vorticosa, un universo ottico i cui limiti claustrofobici coincidono con l’irradiazione indefinita del fuori, la selva oscura con  pezzi di paradiso,  l’eternità con l’esistenza. Ed è allora che le fessure degli occhi si fondono con le gradazioni fluorescenti del neon, la materia cede alla visione, e la morte nasce dall’infanzia: “conoscenza eterna (di poco tempo)”. (D. Campana)

 

Note

1. «Per eternità intendo l’esistenza stessa», Spinoza (2005), p. 86.


Bibliografia

Deleuze G. – Guattari F. (2006): Mille piani, Castelvecchi, Roma.

Deleuze G. (2010): Cosa può un corpo? Lezioni su Spinoza, Ombre corte, Verona.

Spinoza B. (2005): Etica. Trattato teologico politico, UTET, Torino.

 


 

Titolo: Hunger
Anno: 2008
Durata: 90
Origine: GRAN BRETAGNA
Colore: C
Genere: DRAMMATICO, STORICO
Produzione: BLAST! FILMS, CHANNEL FOUR FILMS, FILM4

Regia: Steve  Mcqueen

Attori:
Michael Fassbender (Bobby Sands); Liam Cunningham (Sacerdote); Stuart Graham (Ray Lohan); Lalor Roddy (William); Liam McMahon (Gerry); Laine Megaw (Sig.ra Lohan); Brian Milligan (Davey); Helena Bereen (Madre di Ray).
Sceneggiatura: Steve  Mcqueen, Enda  Walsh
Fotografia: Sean Bobbitt
Montaggio: Joe Walker
Scenografia: Tom McCullagh
Costumi: Anushia Nieradzik
Effetti: Bob Smoke

Riconoscimenti

Reperibilità

http://www.youtube.com/watch?v=TVPl6Hx-pd8

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