altIl nero è un problema. Rappresentare il nero è un problema, lo è stato e lo è nel cinema, lo è nella fotografia, lo è anche nella stampa dei disegni, delle graphic novel. È un problema perché ancora oggi non si riesce ad assorbire la totalità della radiazione luminosa, quindi non si riesce a rappresentarlo. Ma più che un problema di rappresentazione è necessario capire il nero come questione sociale, perché la percezione dei colori è una questione sociale, trasformando il lavoro sul nero come un lavoro sulle parole e sul concetto. Ed ecco che il nero diventa un contorno, una forma che delimita un qualcosa, il tratto di una scritta, o il contorno di un volto. Scostarsi dalla bicromia bianco/nero è allontanarsi dall’essenza del tratto e della comunicazione, in favore di qualcos’altro che complica, che rende la comunicazione stessa incomprensibile.


Su questo lavora Virginia Mori nei suoi cortometraggi. È il tratto che rende il problema del contorno, moltiplicando il problema del limite non solo al nero, non solo al tratto, ma anche agli oggetti stessi e alla loro rappresentazione. In Haircut è tutto messo in scena. La tecnica è essenziale, i disegni scorrono e formano il movimento, qual è il limite del singolo disegno? Qual è, all’interno del movimento, il limite della rappresentazione? I banchi si riproducono uguali e costantemente formando una stanza che a tratti sembra essere infinita. Qual è il limite degli oggetti? Virginia Mori li mette in mostra vivi, i capelli tagliati si muovono, non si rassegnano al loro essere mero oggetto, statico, votato all’eternità, anche gli oggetti desiderano il limite. Qual è il limite del corpo della ragazza che è rappresentata? Anche qui è difficile comprenderlo, perché spostando la frangia c’è un buco attraverso il quale si può vedere qualcos’altro, chissà cos’altro.

E allora è necessario tornare al nero, a come viene rappresentato da Virginia Mori, perché Haircut è il secondo cortometraggio dell’illustratrice di Cattolica, ne Il gioco del silenzio, il limite riguarda solo se stessi e come ogni limite, anche in questo caso diventa moltiplicazione. E così il nero abbandona la sua pretesa d’esser sé, di rappresentare solo l’oscurità o la morte, o quello che socialmente gli è proprio, e diventa il suo doppio: erotismo. I corpi delle ragazze galleggiano in una sfera erotica che è una sfera di desiderio meramente corporale. Ne è riprova il lavoro di Virginia Mori sulla produzione cartacea e sulle gif. Il movimento dei corpi è incessante e ricerca qualcosa, ricerca forse, anche in questo caso, il proprio limite. L’ispirazione e la natura degli spazi richiama il lavoro di Francesca Woodman in una perenne ricerca del sé attraverso la riproduzione del sé, l’autoritratto che diventa metodo, il singolo che scompare nella moltiplicazione, i piccoli contatti, e i gli oggetti che sono lì ad aprire porte verso altri luoghi, altri percorsi.

Virginia Mori lavora di sottrazione e moltiplicazione, il taglio delle forbici in Haircut suona violento ed è anche attraverso l’attenzione ai suoni che tutto sembra non esaurirsi mai nella propria identità.
È un lavoro che sembra semplice ad un primo sguardo, che appaga anche, ma che è impossibile leggere se non nel suo complesso, dalle gif alle illustrazioni, ai libri per arrivare ai due cortometraggi ai quali seguiranno altri lavori.
Perché la semplicità inquieta, il suono è scomodo, non ci si sente accolti, ci si muove un po’ sulla sedia mentre lo si ascolta, e così la treccia di capelli appena tagliata, sulla cattedra, diventa viva, si muove, salta, rimbalza, è inquieta anch’essa, sembra d’aver tagliato un corpo vivo. E nello stesso modo il rumore dei bottoni che cadono ne Il gioco del silenzio subito ci fa comprendere il loro esser chiodi, il loro tener su un’intera persona, ma anche il loro esser freddi, appuntiti.

E ancora una volta è necessario tornare al nero, luogo di partenza e di fine, per poter comprendere il proprio limite di spettatori davanti a una immagine che non si esaurisce nel dualismo, ma che al contrario lavora su più piani, si mescola, moltiplica, si abbandona al fluire e come ogni creazione umana si concede alla fine: una immagine nera.

Filmografia

Il gioco del silenzio (Virginia Mori) su Youtube e Vimeo



 

Titolo originale: Haircut
Anno: 2015
Durata: 8.09 min
Origine: Francia
Genere: animazione
Produzione: 25 Films

Regia: Virginia Mori

Musiche: Andrea Martignoni
Editing: Lola Capote Ortiz

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