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Una novizia viene ricacciata nel mondo dalla madre superiora a causa del suo eccessivo struggimento per la mancanza di Dio. Attraverso l’esperienza esteriore, l’incontro con attivisti musulmani e la ricerca estenuata dell’invisibile potrà tornare al monastero e a nuova vita.





«O nido irraggiungibile e caro,
non c’è passo terrestre che mi porti a te.
Forse fuori dai giorni e dai luoghi?»

(Elsa Morante)



La perfezione formale delle apparenze suscita in chi guarda il dubbio o il bisogno dell’esistenza di una volontà superiore, intangibile e invisibile, che abbia allestito lo scenario desertico del mondo. La rappresentazione del mondo diventa contemplazione adorante e lo sguardo, che scarnifica le immagini indugiando sulle cose visibili per cercarne l’essenza invisibile, diviene sacro e sacralizza tutto ciò che vede: ogni radura è un Eden, ogni volto è un’icona, tutti i luoghi sono templi.
È lo sguardo rigoroso – di un rigore religioso – di Bruno Dumont che cerca senza posa quello che le confessioni rivelate non riescono a soddisfare, ossia la necessità di un ritorno a una condizione primigenia, quando Dio camminava con l’uomo, era in comunicazione con lui senza la mediazione di alcuna religione.

Dumont non risolve l’aporia dell’assenza del Dio invisibile che si dà nella sua visibile mancanza, piuttosto tenta di far combaciare la ricerca dell’assoluto trascendente con quella di un senso allo stordito vagare individuale nel mondo.
Nel fondo della vita umana esiste un sentimento di insufficienza. Nel padre e nella madre, nella sicurezza della loro onnipotenza, ognuno prova per la prima volta l’illusione della sazia sufficienza. Perdutala, l’angoscia di colmare il vuoto interiore spinge l’individuo ad agire. La novizia subisce il fascino dell’azione propugnata dagli attivisti musulmani perché attratta dalla via di fuga all’apatia borghese della sua famiglia e dal movimento contro la stasi delle apparenze, lasciandosi trascinare dal vettore che travolge l’ipocrisia delle forme e che imprime una direzione – quindi un senso, un fine – al corso delle cose. Una tale forza cinetica non può che deflagrare, essendo incapace qualsiasi scopo di sostenere un eccessivo carico di energie e di aspettative. Nell’implosione di tutte le forme, viene travolto anche il sacro cui s’era riposta la fede e donato un senso: non resta che tornare alla pura essenza delle cose. La sfida all’universale per stanarlo e lasciarsi consumare da esso viene vinta con la perdita estrema, il fulgore mistico è raggiunto nell’annientamento tragico.

Hadewijch è origine e ritorno: è quel luogo ideale da cui ogni essenza parte e torna, luogo dentro e fuori dal mondo, un aldilà terreno simile a un convento dove pregare Dio (caricatura del paradiso) o a un carcere in cui espiare la colpa (sotto un giudizio che si spaccia per divino). Per rompere l’eterno gioco della fine e della rinascita, la novizia cerca ancora l’annullamento di sé, per fuggire dal corpo e dal dolore insopportabile di essere di nuovo al mondo. A meno che non sia stata ingannata da un assurdo fraintendimento: ciò che cerca non è un completamento della sua mutilazione interiore, quanto la liberazione dal sentimento stesso di essere mancante, magari anche solo lasciandosi abbracciare da uno sconosciuto salvatore.
«Ah, sì, non sentire altro che il cuore nel cuore, con un solo cuore e un solo dolce amore; avere una fruizione deliziosa dell’amore pieno; e sapere, al di sopra d'ogni dubbio, che si è integrati nell’unità dell’Amore» (dalle Lettere spirituali di Hadewjich di Anversa).






Titolo: Hadewijch
Anno: 2009
Durata: 105
Origine: FRANCIA
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.66)
Produzione: 3B PRODUCTIONS, ARTE FRANCE CINÉMA, CRRAV NORD-PAS DE CALAIS, LE FRESNOY STUDIO NATIONAL DES ARTS CONTEMPORAINS, ZDF IN COLLABORAZIONE CON ARTE E HERBSTFILM PRODUKTION

Regia: Bruno Dumont

Attori: Julie Sokolowski (Novizia); Karl Sarafidis (Nassir); Yassine Salime (Yassine); David Dewaele (David); Brigitte Mayeux-Clerget (Madre superiora) Michelle Ardenne (Priora); Sabrina Lechene (altra Novizia); Marie Castelain (Madre della novizia); Luc-François Bouyssonie (Padre della novizia).
Sceneggiatura: Bruno Dumont
Fotografia: Yves Cape
Montaggio: Guy Lecorne
Scenografia: Jean-Marc Tran Tan Ba
Costumi: Annie Morel Paris, Alexandra Charles


Reperibilità

http://www.youtube.com/watch?v=04FsD9IuFGE

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