«Questa mattina dunque vengo accanto al tuo cuscino, vengo a tirarti i capelli e assisto in estasi ai primi segni di vita del tuo risveglio. Mi siedo su una seggiola rosa, la testa appoggiata ai piedi del tuo letto, e ti contemplo con lo stupore che mi assale ogni volta che ti vedo…(Giro in fretta la testa perché mi accorgo che sto per piangere di tenerezza)» (Balthus, pag. 24).

Qual è la forma del desiderio? Libero di essere e di scorrere sotto la pelle, di pulsare nelle vene e di farsi linfa vitale, in quella liquidità sen(s)suale ferina che non deve giustificarsi. Il desiderio si esprime attraverso lo sguardo, l’occhio si pone, osservante, in una sublimazione voyeuristica, a distanza, nella formazione di tableau vivant, in un’immersione liquida, tra consistenze seminali e corporee.
«Il piacere se ne va, il desiderio torna sempre, è l’alimento dell’amore»; la donna, l’uomo e, ancora, la donna, tre corpi, tre satelliti che orbitano in un universo parallelo, reale ma nascosto e misterioso, in piena armonia tra loro, in una danza dionisiaca alla ricerca della misterica epifania del piacere e della sua soddisfazione, in una carnalità divina. Il desiderio, nella sua mistica, è un’essenza sacra e come tale va celebrata, in un simposio tra Rafael Cansinos Assens - «Signore, non dispiegare tanta bellezza» - e Balthus, nella sua messa in scena dell’apparizione imperscrutabile della sensualità, secondo quella che per lui è la sua forma.

  
Filme de Amor (Bressane) Lezione di chitarra (Balthus)


L’osservazione di Balthus si concentra su un femmineo libero, privo di maschera, di sovrastrutture sociali, di inibizioni, lontano anche dalla morale religiosa, per questo ritratto nella sua sacralità, una sacralità atea, legata all’infanzia, perché il desiderio è bambino, è innocente.
Le pose statiche del corpo, che compongono la scena, si offrono allo sguardo, inermi e inconsapevoli della loro sensualità e del loro potere. Bressane, in Filme de amor, concepisce i suoi quadri tracciando le coordinate di una poetica erotica, in cui la parola accompagna e sublima ogni gesto, facendosi carne, divenendo materica, in una continua rincorsa all’incontro linguistico tra i sessi, in una comunicazione, spesso difficile, resa possibile dal corpo, accarezzato e perlustrato nelle sue pieghe. «La lingua è un modo di sentire il mondo, tramite le cose udibili e visibili arriviamo alle cose inudibili e invisibili», così il linguaggio uomo-donna, ma non solo, trova una propria dimensione in un oltre che appartiene alla sfera della sessualità, sospesa in un allentamento delle maglie del reale, «parliamo per godere e godiamo per parlare - vale a dire che tra sesso e linguaggio ognuno dei due termini si sostituisce all’altro, ognuno dei due esaurisce l’altro ed esalta l’altro» (Nancy, pagg. 49-50). Dagli spazi del reale, tra il bianco e nero di una profondità di campo abitata da spigoli e da un quotidiano, forse, troppo vasto per l’umanità, i tre protagonisti di questa storia entrano in una dimensione più recondita, in cui, a tratti, i colori si accendono di calde sfumature umide, lontani dagli esterni rumorosi; la mdp si chiude in una placenta dove i sensi si accendono, e la tensione erotica tra i corpi vive nelle riproduzioni palpitanti di famose tele e opere artistiche.

La messa in quadro della scena abbandona la profondità di veduta, si allunga, schiacciandosi in una bidimensionalità umana più intima, abbracciando le sue creature, lo spazio si restringe e perde di consistenza, rimangono gli angoli, gli interstizi in cui la figura umana si mette a nudo, libera il suo animo e si mostra per ciò che è.
La nudità dei corpi è la nudità dalle sovrastrutture sociali, dai ruoli e dal reale, anche i nomi perdono di importanza, ci si mostra nel proprio essere, uomo e donna, in cui l’unico linguaggio possibile è quello dei sensi. Dopo un inizio frammentato, dal piano sequenza iniziale su una scena in costruzione, un fuori set fa deragliare la realtà nella finzione, la vita nell’immaginario; la narrazione filmica dipana la sua poetica confluendo nell’epica classica, nell’iconografica plastica delle tre Grazie, dal gruppo marmoreo di Canova fino alla rappresentazione di Botticelli, esaltando la sacralità di un corpo disposto al piacere e della sua divinità. Dispensatrici di bellezza e mediatrici tra lo splendore della natura, la sua prosperità e l’uomo, metafora di quanto la bellezza, nella sua accezione più pura, sia necessaria all’umanità, un potere che può creare e distruggere al contempo; non a caso Baudrillard sottolineava: «il prezzo pagato dalla bellezza e dalla seduzione è forse quello di essere sequestrate e condannate a morte, perché sono troppo pericolose e non si potrà mai restituire loro quello che vi donano» (Baudrillard, pag. 127).

Lo spazio destrutturato ed il tempo sospeso in una dimensione che sfocia in un altrove, dove lo sguardo si focalizza sulla rotondità sensuale delle parole e sulla pelle umida e desiderante, si apre all’occhio dello spettatore con una luce fioca, in cui i corpi emergono dall’oscurità del bianco e nero; la carne è priva di sfumature, ma si accende all’improvviso di tonalità calde quando il gioco trova l’armonia della condivisione, quando dalla convenzione amorosa della coppia la condivisione e la sperimentazione coinvolgono altri corpi. Perché per il regista brasiliano «l’amore è una guerra, il più dolce dei combattimenti», va alimentato dal desiderio, e il cuore umano delira per la gran voglia di dis-umanizzarsi, alla ricerca della sua espressione più libera e scevra da compromessi, dove gli archetipi del giusto e dello sbagliato si confondono, fino a fondersi tra loro, «Il delirio è superiore al buon senso, l’origine del buon senso è umana, l’origine del delirio è divina».

Nella frammentazione delle immagini la narrazione filmica ha la ritmica dei corpi che scivolano l’uno sull’altro, mostrati in ogni loro piega, nell’amplesso, e nella ricerca estrema del piacere, la mdp racconta la lirica della passione, soffermandosi sui sessi e sui rituali del desiderio, ora in maniera esplicita ora attraverso metafore visive, con un linguaggio che mostra l’invisibile attraverso il visibile. Stanze spoglie il cui confine ultimo è la pelle e dove la messa in scena è un’immersione visiva nella lirica balthusiana attraverso la riproduzione delle sue opere, tele che prendono vita attraverso la carne. La lezione di chitarra (1934), si muta in una lezione erotica, «voglio gridare tutta la tragedia palpitante di un dramma della carne, proclamare […] le leggi immutabili dell’istinto, voglio tornare ad un’arte di contenuto passionale» (Balthus, pag. 25), lo specchio e la contemplazione del sesso de I bei giorni (1944-46), l’esporsi nudi al mondo per il puro piacere di mostrarsi de La camera (1952-54) o l’arrendevolezza del corpo in La vittima (1939-46), ma anche l’incomprensione uomo/donna de I bambini Blanchard (1937). Bressane mutua da Balthus l’espressione della sensualità erotica del suo film; bellezza ed erotismo veicolano i sensi in una frantumazione del tempo, in una manifestazione dell’essere pura e libera. Lavorando sulla metafora e su simbolismi surreali, il regista elimina tutto ciò che è accessorio, l’intreccio, la narrazione, e racchiude nell’inquadratura, spesso a mezza altezza, a volte prostrata al livello del suolo, solo i tre corpi, disegnando quasi un triangolo immaginario nella costruzione della scena, per ricreare l’armonia tra i sensi e la carne, che, per il nostro scopritore di stelle, è spesso dis-armonia di linguaggio tra gli uomini.
Filme de amor è la mise en scène del desiderio, quell’alligatore dal ventre giallo, dalle fauci ben affilate, rincorre un sogno di libertà, come la balena bianca di Melville, è «la fellatio, orgia, triolismo, il cliché pornografico si mescola al clichè autorizzato in un crogiolo in cui si dissolvono i generi, i preconcetti, i costumi, i fantasmi del lungo tempo polveroso».


Bibliografia

Balthus (2009): Lettere e interviste, Abscondita, Milano.

Baudrillard J. (1997): Della seduzione, SE, Milano.

Bressane J.: (2014): Dislimite, Caratteri Mobili, Bari.

Nancy J. L. (2016): Del sesso, Cronopio, Napoli.



 

Titolo: Filme de amor
Origine: Brasile
Anno: 2003
Durata: 90'
Colore: C
Genere: Drammatico
Specifiche tecniche: 35 MM
Produzione: Grupo Novo de Cinema e TV, TB Produções

Regia: Júlio Bressane

Attori: Bel Garcia, Josi Antello, Fernando Eir
Soggetto: Rosa Dias, Júlio Bressane
Sceneggiatura: Rosa Dias, Júlio Bressane
Musiche: Guilherme Vaz
Montaggio: Virginia Flores
Scenografia: Moa Batsow

Riconoscimenti

http://www.youtube.com/watch?v=6EukmutRojM

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