“Educazione sentimentale”: la disamina di un titolo è sempre un po’ sospetta, capziosa, e chi la conduce rischia di svilire e disanimare il film. E però è difficile sottacere dell’effetto di straniamento causato dalla giustapposizione tra il temine “educazione” e il cinema sovversivo e dirompente di Julio Bressane, autore che dagli esordi degli anni Sessanta ha fatto della propria “maleducazione” (intesa come refrattarietà al rispetto delle convenzioni cinematografiche) l’unica regola da seguire in modo integerrimo.

Ma Bressane, da prima che inizi il film, ci fa intendere che, pur essendo annoverato fra i maestri del cinema, non ha intenzione di impartire alcuna lezione. La “O” del titolo di testa di Educação si riempie di azzurro, si allarga e invade tutta l’inquadratura; quell’azzurro diventa cielo (lo capiamo dal movimento in basso della macchina da presa che fa entrare in campo elementi del paesaggio in lontananza) e il cielo si specchia in una piscina circolare, colorandola di azzurro: ecco ricomparire la “O” azzurra iniziale, trasfigurata. L’educazione quindi non è altro che un allenamento a vedere le cose per quelle che sono, senza cercare di sforzarsi di trovare significati ulteriori, al di là dell’immagine. Ad essere colta è la continuità “sentimentale” fra segno, colore, forma e oggetto.

Tutto è fusione nel flusso indistinto di immagini e suoni: procedendo nella visione del film, il cerchio ricompare come vasellame, luna piena, lente, occhio, mascherino. Il fregio floreale di un piatto è in continuità con la vegetazione lussureggiante vista prima, e la continuità fra loro è data dal canto degli uccelli. In questa fusione di immagine e suono – di vedere e udire in unico sentire – ogni  cosa è fungibile con un’altra contigua: il battito del cuore con lo strepitio di zoccoli galoppanti (e siamo noi liberi di immaginare quali animali possano provocarlo, se cavalli, bisonti o ippogrifi), mentre lo sciabordio dell’acqua fuoricampo fa insorgere in noi l’associazione fra la superficie apparentemente liquida, per i suoi riflessi cangianti, di una lente d’ingrandimento e quella riflettente e vitrea della piscina vista all’inizio del film. È nell’insorgenza inattesa di immagini puramente mentali, provocate da sollecitazioni visive o uditive, che si manifesta la sentimentalità dell’educazione a sentire. In maniera del tutto imprevista, le divergenze costruite da Bressane fra immagine e suono non sembrano più fuori contesto, anzi sono lì ad attestare che ogni cosa è intessuta con le altre, ribaltando ogni pretestuoso tentativo di gerarchizzazione.

Ad esempio: una donna e un ragazzo procedono verso di noi lungo una strada. Intorno a loro la vegetazione sembra incorniciare l’inquadratura. La camera è fissa, le due figure in cammino diventano sempre più grandi. Poi si voltano, ritornano indietro lungo lo stesso percorso di prima, e mentre si allontanano sembrano rimpicciolirsi, dinanzi allo sguardo sempre immobile della macchina da presa, e con ancora intorno la cornice di verde. L’inquadratura è inutilmente lunga ai fini della narrazione, ma è attraverso la sua insistenza che viene ribaltata la gerarchia fra figura umana e ambiente: gli uomini diventano d’improvviso superflui, insignificanti, e l’occhio è costretto ad accorgersi della natura come elemento preminente, non più esornativo, delle vicende umane.

Vedremo poi un corpo muoversi armonioso, mistico e poi rabbioso, inconsulto, e il movimento sarà dato dallo spazio ad esso concesso, lo spazio dato dall’inquadratura. E poi ad essere messa in questione sarà la forma stessa dell’inquadratura che, contro la convenzione che ci ha abituati a vedere in forma rettangolare, diventerà circolare, romboidale, triangolare-vaginale, a falce lunare.
Reinventato lo spazio, sarà quindi automatico far coincidere in uno solo i mille piani del tempo, attraverso l’evocazione della parola letteraria e poetica. La sistematizzazione razionale del sapere cederà il posto al piacere dell'elencazione sentimentale. E una volta che ci saremo spinti ai limiti del vedere, non ci resterà che andare oltre, scopriremo che lo spazio è realmente curvo come lo descrivono le teorie della fisica e gireremo intorno all’immagine, come a disegnare un cerchio, simile al serpente che si morde la coda nel sogno di Kekulé.
È la totalità circolare del cinema di Bressane.





Titolo: Educação Sentimental
Anno: 2013
Durata: 84
Origine: BRASILE
Colore: C
Genere: DRAMMATICO/SPERIMENTALE
Produzione: REPUBBLICA PUREZA FILMES, TB PRODUÇÕES

Regia: Júlio Bressane

Attori: Josi Antello (Aurea); Bernardo Marinho (Aureo); Débora Olivieri (madre di Aureo)
Sceneggiatura: Júlio Bressane, Rosa Dias
Fotografia: Pablo Baião
Montaggio: Rodrigo Lima
Musiche: Guilherme Vaz
Suono: Damião Lopes
Costumi: Maria Aparecida Gavaldão


Riconoscimenti

Reperibilità


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