altUna figura umana vaga sul piano desertico del mondo: potrebbe essere questa l’immagine che persiste durante la visione di un film della Reichardt. Data un’immagine così scarna ( e disperata, ma la disperazione è forse conseguenza di una così drastica scarnificazione dell’immagine stessa), ognuno dei termini che la compone acquisisce un determinato peso emblematico: la figura, la vaghezza, il deserto (fisico e metaforico nel quale si muove) sono rappresentazione esistenziale dell’umano.


La vaghezza poi, nella sua ambiguità di senso, è anche contrassegno di uno stile. Già dal titolo il film si pone aperto ad almeno due diverse interpretazioni: Certain Women potremmo renderlo con un “donne certe” o “certe donne”? E già la seconda opzione si dirama in altri due sensi, uno letterale e l’altro capzioso... La vaghezza dei significati, delle situazioni messe in scena trova rispondenza nel vagare dei personaggi, e della macchina da presa, che ora li segue in strenuo pedinamento e ora li osserva da lontano, fissa e quasi distrattamente, in campo lungo. Una vaghezza che viene esasperata dalle omissioni: il silenzio sottrae le cose alla determinazione certa della parola, e del nome – come se a essere persa fosse stata la primordiale, biblica, capacità dell’uomo di dare un nome, e quindi un senso e un significato, a quel che lo circonda.

Viene subito in mente una definizione sull’origine del maschile e del femminile data dal protagonista di Meek’s Cutoff: le donne nascono dal caos, gli uomini dalla distruzione; le prime creano, i secondi mettono ordine per mezzo della legge. Ecco, la legge: la prima istituzione a essere messa in discussione nel film è proprio l’ordinamento legislativo, così lontano da una qualsiasi idea di giustizia; come se, a furia di voler mettere ordine nell’esistente, l’uomo abbia sullo ingenerato ulteriore confusione – confusione ben lontana dal caos primordiale. Quando la parola non designa più la cosa nominata, l’uomo non riconosce più né i nomi né le cose. Il conflitto è quindi la soluzione più semplice e immediata, la prima a portata di mano. Forse anche l’approccio dialettico alle cose non ci aiuta molto: se una cosa non viene più capita, se un fenomeno è estraneo, se non riconosciamo più l’altro uomo se non come straniero, allora viene quasi automatico porsi in una posizione aggressiva, prepararsi alla lotta e alla guerra, rimanendo convinti pure di essere sotto attacco e di essere quindi legittimati a difendersi.

Se quindi si cerca un ordine alle cose che non si comprendono, ci si affida alle risposte virili, alle soluzioni più violente e immediate. La recrudescenza mascolina di dare ordine al mondo dividendolo in due fronti contrapposti è il tentativo di depotenziare il mondo stesso, di desertificarlo. Ma al tempo stesso si apre anche un’opportunità. All’inizio di Certain Women sembra di assistere a un dialogo tra daltonici: un maglione viene visto da una parte “rosa pesca”, dall’altra “grigio talpa”. Effettivamente esistono due gradazioni di entrambi i colori che sono facili da scambiare l’uno per l’altro, il Talpa chiaro e il Pesca-Arancio. Alternativa a una narrazione che divide e vede tutto in bianco e nero, ecco spuntare una pesca che può essere vista tranquillamente come una talpa e viceversa. Precondizione, è accettare la vaghezza come potenzialità: se non esistono definizioni certe e salde alle quali ancorare i nostri occhi, allora quel che vediamo può essere qualsiasi cosa. Piuttosto che la dialettica mascolina (per cui, a prima vista, una cosa è talpa o pesca) si apre l’infinita elencazione della congiunzione caotica del femminino: a una vista seconda, una cosa può essere talpa, e pesca, e già non è più una ma più cose... 



 

Titolo: Certain Women
Origine: USA
Anno: 2016
Durata: 107'
Colore: C
Genere: DRAMMATICO
Specifiche tecniche: ARRIFLEX 416 PLUS, 16 MM, SUPER 16, D-CINEMA
Produzione: FILM SCIENCE

Regia: Kelly Reichardt

Attori: Laura Dern (Laura Wells), Kristen Stewart (Beth Travis), Michelle Williams (Gina Lewis), Lily Gladstone (Jamie), James LeGros (Ryan Lewis), Jared Harris (Fuller), René Auberjonois (Albert), John Getz (George Rowles), Edelen McWilliams (Moglie di Fuller), Ashlie Atkinson (Patty), James Jordan (Mac), Sara Rodier (Guthrie Lewis), Matt McTighe (Tommy Carroll), Joshua T. Fonokalafi (Amituana).
Soggetto: Tratto dai racconti di Maile Meloy
Sceneggiatura: Kelly Reichardt
Fotografia: Christopher Blauvelt
Musiche: Jeff Grace
Montaggio: Kelly Reichardt
Scenografia: Anthony Gasparro
Arredamento: Pamela Day
Costumi: April Napier

Riconoscimenti

http://www.youtube.com/watch?v=1_Lznehy2-s

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