Nel prefilmico di Boxing Gym sembra esserci una domanda: come funziona una palestra? Domanda che di volta in volta può essere declinata, nella cinematografia di Wiseman, a seconda del luogo in esame nel film – un manicomio, una caserma, un grande magazzino, una palestra, un'università. Luogo che fatalmente, durante la visione, riconosciamo come eminentemente cinematografico (quanti film abbiamo visto ambientati in un manicomio o in una caserma, in un'università...), tant'è che la domanda di partenza diventa: come funziona questo luogo chiamato cinema?

Il cinema di Wiseman parte da un approccio orizzontale: lo sguardo della macchina da presa (spesso a mano) è ad altezza d'uomo, ponendo sullo stesso piano sia chi riprende sia il soggetto ripreso. L'autore rinuncia ai trucchi spettacolari per mezzo dei quali di solito un luogo è solamente una location in cui immettere una narrazione e prova a ribaltare il movimento classico di approssimazione fra umano e spazialità: non è l'uomo ad entrare in un luogo, bensì è lo spazio a prendere possesso del campo visivo dell'occhio umano. Ecco quindi che lo sguardo ad altezza d'uomo della camera non è altro che il risultato della fusione (vertoviana) fra occhio umano e obiettivo meccanico.

Del resto una tale fusione pervade tutta la durata di Boxing Gym, nel quale non vediamo altro che corpi umani alla costante ricerca del movimento perfetto canonizzato dall'arte della boxe, ovvero dell'inverarsi del gesto armonico sublime che possa scaturire dalla continua ripetizione meccanica dell'allenamento. Il rapporto arto umano – attrezzo meccanico è biunivoco, rapporto in cui ognuno dei due termini agisce sull'altro per potersi aprire uno nell'altro, perché uno si confonda nell'altro.
Ma l'allenamento di un corpo potrebbe insinuare l'idea di una progressione costante al cui termine ci sia il congiungimento fra il corpo attuale filmato, colto nel momento del suo sforzo, e un'immagine di corpo ideale, puro e perfetto (e una tale progressione diacronica viene suggerita da Wiseman dalla scelta di concentrarsi all'inizio su dei bambini, per poi, nel corso del film, abbandonarli gradualmente per altri soggetti via via più maturi). Ovviamente una tale coincidenza fra attualità e idealità è destinata ad essere frustrata: il corpo attuale decade troppo in fretta per poter combaciare con quello ideale.

Accade allora che si assista a una sorta di divaricazione temporale in due dimensioni cronologiche distinte e sovrapponibili. Nella prima il corpo si muove nello spazio secondo un ritmo ben definito e lo scorrere del tempo viene scandito dai gong elettronici che di continuo squillano durante il film.
La seconda infrange la continuità della prima, attraverso degli inserti che interrompono il classico compiersi della narrazione. Capita, ad esempio, che durante lo svolgimento delle vicende di un personaggio si inseriscano, in maniera a prima vista causale, altre scene di allenamento, che accadono nello stesso luogo, probabilmente nello stesso momento, ma della cui precisa collocazione logico-temporale nulla sappiamo: tutto avviene alla luce dei neon della palestra, e non riusciamo più a distinguere se quello che vediamo accada di giorno o di notte, se la scena cui assistiamo sia stata girata prima o dopo quella successiva, dato che il montaggio tende a scombinare i rapporti cronologici e di causa-effetto tra le varie sequenze. Per mezzo di questi inserti, il ritmo viene spezzato e al tempo stesso duplicato e amplificato all'infinito, fino a far perdere, nella percezione della simultaneità degli atti, la linearità del susseguirsi degli eventi: nella palestra si ha la percezione che la durata di un esercizio coincida con un indefinito presente, sebbene il ritmo dei movimenti dell'allenamento scandisca lo scorrere del tempo.

Forse per questo Wiseman a un certo punto ha la necessità di fare un'escursione fuori dalla palestra, cercando magari altri ritmi nelle architetture dei palazzi; o di porre dialetticamente la macchina-palestra con la macchina-America, produttrice dell'inesauribile energia che mette in moto i corpi in allenamento attraverso le sue paure (il nemico contro il quale bisogna essere sempre all'erta, e quindi ben allenati a respingerlo) e le sue ansie da prestazione (che colpisce indifferentemente mamme, studenti, avvocati, carpentieri e pensionati, tutti presenti nella palestra di Boxing Gym).
Oppure i corpi in allenamento non sono altro che articolazioni di una macchina più grande, tentacolare e onnicomprensiva, già in moto da innumerevoli anni, e la tensione che li pervade è volta verso l'attuarsi di un desiderio di comunione attraverso l'armonia del ritmo: e il sole, ripreso alla fine, è il centro energetico, in continua perdita e dissipazione di se stesso, di questo insensato movimento.





Titolo: Boxing Gym
Anno: 2010
Durata: 91
Origine: USA
Colore: C
Genere: DOCUMENTARIO
Specifiche tecniche: DCP - HD (1:1.133)
Produzione: ZIPPORAH FILMS

Regia: Frederick Wiseman

Attori: Richard Lord
Fotografia:
John Davey
Montaggio: Frederick Wiseman


Riconoscimenti

Reperibilità


http://www.youtube.com/watch?v=MDr7M9EpXY8

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