Nel giorno in cui aleggia nell'aria l'Arca russa, del resto dopo una masterclass intensa di Sokurov ieri mattina, è apparso in concorso al Festival del cinema europeo un film che guarda in qualche modo a quel capolavoro, a quel tipo di esperienza oltranzista, ponendosi però in una prospettiva umile, quotidiana, di ruvido espletamento del giorno, anzi della sera.

Blind Spot di Tuva Novotny sfrutta la fine del giorno norvegese, con quel trapassare dal cielo bianco, carico di neve, a quello scuro, impassibile serale: condizioni di luce crepuscolare, cupa, che almeno dal tempo del dogma in poi hanno caratterizzato il coacervo di inquietudini del cinema scandinavo.

E raffiche di vento quasi a levigare la pelle chiara di Thea, la protagonista, prima che entri nel palazzo in cui vive, seguita dalla macchina da presa che peraltro aveva iniziato il suo corso già qualche minuto prima, in un piano sequenza che terminerà solo alla fine del film. Ma non è uno sfoggio di stile a sè, anzi è il presupposto su cui si regge tutto il dramma: una continuità spazio-temporale che racchiude un momento (appunto quello che sarebbe stato un imbrunire qualunque, se non fosse stato per il salto di Thea dalla finestra) e le traiettorie della sera, mentre si cerca di mantenere in vita la ragazza. È un continuo riferirsi al respiro: la ragazza respira, sua madre lo chiede molte volte ai medici, i quali a loro volta danno indicazioni ai due genitori sconvolti proprio in fatto di respirazione, per cercare di gestirne il panico.

Ma è anche e soprattutto questione di respiro formale: la Novotny cerca di ravvivare in continuazione questo respiro della macchina da presa in regime di vita continua, che sa essere delicato non essendoci la possibilità di fermarne il flusso, rifare scene, montarle, ecc.; e alla fine sembra riuscirci, pur con qualche perdita di fiato, qualche sincope nella tensione del film, quando subentra la spiegazione del dramma. Mentre era stato proprio quell'improvviso, inspiegabile scarto da parte di Thea, nel mezzo della normalità della sua esistenza pomeridiana, a dare densità e purezza alla tragedia in piano sequenza.

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